Tracce di noi: Le Mimose Puzzano
Nei viaggi che attraversano la Sardegna c’è anche anche quel momento in cui si analizzano “Storie Vere”. Situazioni coperte da chili di sabbia perché… perché a volte si è responsabili anche dell’effetto delle parole subite. O, almeno, questa è la sensazione.
Maria: Gio, ma quello che ti ha detto era una cafonata suprema o un complimento? Un modo per far notare che avete molta confidenza o un chiaro segno di maleducazione?
Gio: Aiuto, ho paura di cadere nel banale. Credo esista una linea sottile che va sempre rispettata da entrambe le parti. Ad esempio: ci sono dei momenti in cui non mi sarei sentita in imbarazzo davanti ad una battuta di quel genere. Immagina: pub, birra con gli amici, provocazioni che si accettano perché vissute nel giusto contesto. Altri momenti in cui non l’accetto e mi sento fortemente in imbarazzo, perché si tratta di “esternazioni” fatte in contesto lavorativo, in cui per una battuta infelice viene meno la mia autorevolezza, professionalità e vengo messa inconsapevolmente a disagio. E questa inconsapevolezza mi fa fortemente incazzare, perché dovrebbe essere implicito rispettarmi a tal punto da non mettermi in difficoltà. Questo è come si sente una donna o anche un uomo quando vengono messi in risalto per le proprie caratteristiche fisiche in un contesto lavorativo. O no? Succede a tutti.
Maria: È una questione di rispetto e anche una brutta faccenda culturale. Io non voglio impuntarmi (o forse sì), ma se non diamo il giusto peso quando ci sentiamo immischiate in situazioni tanto antipatiche, chi ci ha messo dentro si sentirà sempre autorizzato a buttare lì una battuta stupida che, lì per lì, non riusciamo neanche a contrastare. Le parole contano. Contano i modi. Conta il contesto, la situazione, conta chi è presente. Quante volte ci è capitato di far finta di nulla davanti ad una battuta evidentemente idiota o addirittura sessista perché non volevamo amplificare la sua portata reattiva.
Ci fingiamo morte per paura di esagerare o – peggio – perché tanto ci verrà detto che “non ci va bene niente”, che non accettiamo neanche un complimento, che siamo permalose. Anche adesso Gio, c’è qualcuno che legge e che pensa che stiamo facendo femminismo spicciolo e che i veri problemi sono altri. Ma io sono convinta che tanti grandi problemi, come quello della violenza sulle donne, si superano anche partendo da una nuova educazione culturale per cui le parole o quei complimenti poco raffinati sono decisamente importanti.
Gio: Certo Mari, conta tutto, ma come dici tu è nella cultura. Forse dovremmo lavorare sui giovani e porre speranze su di loro, affinché utilizzino sempre termini appropriati oltre che comportamenti idonei. Gli uomini della nostra età hanno un retaggio culturale che difficilmente viene sradicato o cambiato, a meno che non sia insito nella personalità. Dovremmo concentrarci sui nostri figli, sulle nuove generazioni, lavorare sulle loro menti aperte e fertili, affinché termini e comportamenti da “maschietti” non vengano più fatti passare come normali, ma quanto lavoro c’è ancora da fare? Che poi a pensarci bene, se proprio non volessimo passare da femministe, chiediamolo agli uomini quante volte si sono sentiti a disagio per qualche battuta sul loro aspetto da noi donne.
Maria: Posso dirti un’altra roba che mi fa andare fuori di senno e se la dico a voce alta verrò tacciata per “questa è una di quelle che non le va bene niente”?
Gio: Ahahahah dilla e sentiti libera, almeno con me.
Maria: Le mimose. Le mimose le detesto. Puzzano. È una vita che mi fanno venire il mal di testa. E quel momento in cui te le donano è un mix tra “Che carino e ti prego non dirmi che sono speciale perché sono una donna”. Il genere non può essere una specialità. O non lo dovrebbe essere né in bene né in male. Si è ciò che si è. La vita, la personalità, un talento possono rendere “speciali”, il sesso no.
Oggi, 8 marzo 2024 dichiaro aperta la mia nuova battaglia: lasciate le mimose sugli alberi!
Gio: Regalateci asparagi, ahahahah.
Maria: Esatto! Regalateci frasi belle e uno sforzo condiviso contro le battute “fuori luogo”!
Gio: Regalateci il rispetto.