Questo è l’ennesimo contenuto che stai leggendo sull’intelligenza artificiale e noi siamo l’ennesima agenzia che presume di averci capito qualcosa. Ecco, dal punto di vista tecnico dateci tempo, proviamo quotidianamente ad imparare, ma poi cambia veloce, velocissima e ciò che valeva ieri del nostro apprendimento subisce immediatamente una modifica e puff, dove-eravamo-rimasti…
Però, però, c’è un però: in questi ultimi tempi l’Ai ha significato un grande miglioramento in alcune delle nostre prestazioni, sicuramente dal punto di vista del tempo: ci ha permesso di ottimizzare alcuni processi e di dedicarci con meno ansia alle procedure base del nostro lavoro. Ci ha consentito, inoltre, di scoprire soluzioni che non avevamo preso in considerazione e in alcuni casi ci siamo permessi di istruirla su tone of voice e livelli comunicativi, scoprendo che ha un’ottima memoria (se glielo dici bene!).
Abbiamo fatto, facciamo e faremo anche alcune cosette un po’ fuori dagli schemi, impossibili senza Ai, che consentono di sdrammatizzare alcuni flussi di informazione.
Ora torniamo ai però.
Iniziamo così: abbiamo capito che l’intelligenza artificiale non è coraggiosa. Almeno non sempre.
È piuttosto prudente, non corre il rischio. Al netto, ovviamente, di alcuni casi in cui le risposte dell’Ai hanno avuto delle conseguenze disastrose (per esempio vi consigliamo di non chiedere consigli sui farmaci), si nota come non prenda mai una vera posizione, le sue risposte appaiono come “aperte”, è come se le mancasse il coraggio di dire completamente la sua. Voi direte: beh è ovvio che non esprima “pareri” o “giudizi di valore”, eppure non avete l’impressione si esprima sempre nella misura di quanto pensa noi ci aspettiamo? Come quell’amica alla quale chiedi “Ma secondo te ho fatto male?” e lei, per non dispiacerti, ti risponde una lunga menata e una chiusa “Se ti sentivi di fare così”. Ma che vuol dire? Certo che mi sentivo di fare così se l’ho fatto, ciò non toglie che sia stato sbagliato.
Ma dove vogliamo arrivare dichiarando che l’Ai è pavida?
In realtà non la vogliamo condannare, ma anzi auspichiamo rimanga tale. Vorremmo, però, che chi per esempio la usa per scrivere ricordasse che la scrittura non può avere paure che limitino il pensiero, la creatività, il messaggio.
Non possono esistere solo messaggi universali, soprattutto oggi, soprattutto nello spazio infi nito della comunicazione digitale, c’è bisogno di voci personali, dotate di buon senso s’intende, di etica, di ragionamento, di cuore. Tutta questa scrittura incredibilmente oggettiva va bene, ma non sempre, insomma, non può essere la regola. Serve coraggio: nei messaggi pubblicitari più che mai, servono narrazioni nuove, anche disturbanti. (La pubblicità deve disturbarti un po’: se fosse discreta, non te ne accorgeresti nemmeno).
E dunque? Dunque ci vuole coraggio.
E per ora e chissà per quanto, noi umani ne abbiamo più, un po’ di più.
